Un sogno per amico

Ricordarli. Per capirsi

Anno di pubblicazione: 2000 – © di Francesco Pandolfi Balbi

Ricordo che Richard Bach sottolineava più volte nei suoi romanzi l’utilità di portarsi sempre dietro un taccuino per registrarvi le idee improvvise, quelle che non si sa mai da dove vengono e che ci mettono un attimo a fuggire ma che, sottoposte a indagine della mente, si rivelano spesso geniali.

La psicologia odierna parla spesso di questi veri e propri lampi di genio e le diverse correnti di pensiero danno loro nomi sempre diversi, ma il loro valore rimane indiscusso e prezioso, soprattutto se consideriamo la rarità delle occasioni nelle quali questi eventi speciali riescono a penetrare le barriere del nostro piccolo pensare “terreno”.

Se è quindi vero che le nostre orecchie interiori sono poco funzionali, assordate dai milioni di decibel con i quali i pensieri precotti vengono diffusi nel mondo “reale”, resta pur grande la nostra capacità di ovviare al problema.

Basta volerlo, no?

Richard, come dicevo, risolveva così: scrivendo idee diurne e sogni notturni nel suo libriccino. Nel duemila io uso un piccolo registratore portatile, ma la sostanza non cambia.

Così, questa notte, sono riuscito a “catturare” uno dei sogni più belli della mia vita. Sono bastate poche frasi sussurrate nel buio, vere e proprie chiavi di volta nell’architettura di quella fantasia, e al risveglio eccolo qua, il sogno, sano e salvo nella mia memoria. Se non l’avessi fatto… addio! Sarebbe andato perso insieme a tutte le cose migliori della mia vita, quelle che basta un briciolo d’attenzione per catturarle, che basta un pizzico di sordità per farsele scivolare addosso e perderle per sempre.

Non ho preteso che questo sogno mi facesse capire qualcosa, molto semplicemente so che succederà se saprò farmi condurre dalla sua magia; a volte il solo “sentire” chiaramente, unito al giusto tempo per digerire la cosa, elargisce frutti ben superiori a quelli che si otterrebbero con il semplice ragionare…
Mai capitato di non comprendere, ma di sentirvi ugualmente sollevati dopo un evento razionalmente insignificante?

Premetto che vivo un rapporto con una donna che sta lottando per tornare in possesso della propria esistenza. Questo la sottopone a continue prove da affrontare, quelle stesse prove dinanzi alle quali, in precedenza, si era sempre tirata indietro. Ogni cosa, dovremmo saperlo, accade al momento giusto.

Insomma, bando alle ciance… ecco il sogno. Vivevo in una città come tante, un’esistenza come tutte. Nell’aria aleggiava il solito sapore dei difficili problemi che insegnano qualcosa, mitigato dall’amore nei confronti di una donna fine e delicata, vitale. Questa donna veniva da lontano e la sua origine era sconosciuta. Solo la magia che viveva in lei appariva aliena ma chiara all’unica persona che fosse realmente interessata alla sua realtà e non alle sue fattezze.

Quella persona ero io, il sognatore.

La fanciulla dai tratti delicati nascondeva un segreto fatato: sua debolezza, sua forza. Sì, la delicatezza che traspariva dal suo essere umana era la stessa che si svelava ai soli occhi del suo amore quando lei, per sua natura, si tramutava in una splendida farfalla.

Annunciato da vari piccoli fenomeni e da un senso d’imminenza, giunse un giorno l’impossibile inevitabile: lei sentì la voce della sua terra; era un richiamo potentissimo che la colse quasi sorpresa, quasi impreparata, e in pochi attimi prese a scuotere ogni sua cellula.

La sorprese per strada, inatteso, e subito la tramutò nella sua seconda essenza: una grande farfalla pur leggiadra, ma questa volta nera e sgraziata.

Disorientata, sfinita dalla violenza della trasformazione, rimase a terra. Alcuni passanti la videro e, dapprima incuriositi, la ritennero un brutto animale e fecero a gara per schiacciarla.

Il sognatore era con lei; comprese all’istante che qualcosa d’importante era accaduto e si lanciò in sua difesa. Mille attacchi dovette affrontare, mille sguardi inconsapevoli guidati da un’unica volontà: distruggere il “non conosciuto”.

Riuscì a raccogliere la sua farfalla; spintonato e inseguito, la custodì con ogni delicatezza in una lunghissima fuga disperata fino al limite della città, dove scoprì un confine invisibile ma presente da sempre, un campo di contenimento che escludeva dall’abitato la vita più autentica, riservando ai suoi abitanti un’atmosfera sterile e asettica.

Sapeva, senza sapere come, che la sua amata doveva fuggire, che solo in questo modo avrebbe potuto un giorno riabbracciarla. In un ultimo guizzo, subito prima di essere catturato dall’orda degli “assennati”, il “pazzo” che aveva osato proteggere l’orribile creatura si lanciò in avanti, oltre il confine invisibile, e con quell’ultimo atto salutò in un attimo infinito il suo amore spossato ridandole la libertà.

Il sogno finisce qui, ma ha seminato nella mia anima altre certezze che non descriverò.

Ho solo voluto regalare uno sguardo pur fugace e inadeguato, una finestra aperta su un universo interiore qualsiasi.

Il sapore che mi è rimasto in bocca è dolce come la speranza, confortante come la certezza che ha recato con sé.

Non è una favola… è un sogno che per me ha significato molto. Inutile tentare di trasmetterne la bellezza attraverso mille particolari, inutile chiedermi se quanto simboleggia avverrà, inutile chiedermi in quanti comprenderete…

Nell’anima ho una certezza, e le certezze non hanno certo bisogno, né possono essere spiegate.

Francesco Pandolfi Balbi
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