Stare bene con il Reiki

Guarire oltre le regole

Anno di pubblicazione: 2000 – © di Francesco Pandolfi

I tempi stanno cambiando. Il nostro modo di concepire e di credere muta continuamente seguendo la scia delle scoperte e dei traguardi della ricerca umana.

Non è raro che i contenuti di dottrine antichissime acquistino oggi nuova importanza. L’uomo che vive i nostri giorni, ormai sazio e deluso da valori prefabbricati per l’uso e il consumo delle masse, ridefinisce i propri orizzonti dando credito, o magari solo una chance, ad elementi fino a qualche anno fa ritenuti a dir poco aleatori.

A volte conviene.

Il Reiki fa certamente parte di questo strano “paniere”. Il nome stesso ne esprime la completezza e l’estrema semplicità: basato sul concetto dell’interazione fra l’energia femminile (Rei) e quella maschile della vita (Ki), si offre come risposta semplice ed esauriente, nonché enormemente gradevole, alle discrepanze di natura fisica e psicologica che costituiscono l’essenza di molte delle difficoltà insite nella vita dell’homo socialis.

Ormai è facile sentir parlare di pranoterapia, di guarigioni miracolose; ed è altrettanto facile sentirsi poveri e impotenti di fronte a una “dote” che sembrerebbe propria di un selezionatissimo popolo eletto.

Non è così. La pranoterapia ha origini antichissime e, come il Reiki, fa parte del retaggio degli esseri umani: è scritta nei nostri geni. Ciò che ci distingue, in realtà, non è la capacità di dare, ma la disponibilità a farlo.

Il Reiki sostituisce e integra, migliorandola, l’azione della pranoterapia; il principio di base è più o meno lo stesso: la trasmissione di energia da un essere vivente all’altro.

Le differenze? Lo spirito di fondo delle due dottrine, gli effetti su chi le pratica.

Non è raro sentir dire che un pranoterapeuta accumula stanchezza con l’esercizio della facoltà di curare. Questo viene imputato al fatto che cede la propria energia al paziente, e che quindi in lui (o il lei) essa cala inevitabilmente e conduce a periodi di “ricarica”.

Con il Reiki ciò non accade: il guaritore non cede la propria energia, ma “canalizza” dentro di sé quella dell’ambiente che lo circonda e la trasmette al paziente attraverso l’imposizione delle mani. Risultato: non perde, ma guadagna anche lui.

Non conosco bene la Pranoterapia, conosco il Reiki; sulla base delle informazioni che ho citato noto una differenza: la Pranoterapia si basa su una concezione dualistica della realtà, il Reiki, invece, sul principio della “non separazione”: tutti siamo Uno. Non è poca cosa, visto che le difficoltà della nostra esistenza sono quasi tutte riconducibili al dualismo, che ci ha separato dalla natura e dalla vita isolandoci in una gabbia dalle sbarre d’oro.

Sul Reiki molte sono le disquisizioni di natura morale; in sostanza ci si chiede perché occorra sborsare soldi in quantità esponenzialmente maggiori man mano che il livello dell’istruzione sale, quando, almeno secondo i “si dice”, sembra che non si stia parlando d’altro che della facoltà usata da Gesù stesso per guarire i suoi “pazienti”. Uno strumento che è già a disposizione di tutti e che occorre semplicemente risvegliare non dovrebbe richiedere “terapie” di oltre trenta milioni di lire.

Siamo ancora una volta di fronte alla realtà di tutti i giorni, quella che pone troppo in evidenza il “chi” rispetto al “cosa” e al “perché”. Voglio dire: non condanniamo un’idea solo perché qualcuno o molti la personalizzano in modo a noi sgradito. Facciamola nostra, invece, vediamo se entra in armonia con ciò che siamo, vediamo cosa può darci e come possiamo utilizzarla per migliorare le nostre possibilità di creare qualcosa di buono.

Di certo il Reiki regala profondissime gratificazioni a chi lo pratica; oltre alla gioia di guarire, c’è anche l’opportunità, altrimenti pressoché inavvicinabile, di stabilire un rapporto d’intimità fisica con altre persone. Sto parlando di un contatto indubbiamente pulito, ma anche molto stimolante e disorientante per uomini e donne abituate a rimanere sempre più isolate nel proprio corpo.

A volte ci si ritrova a desiderare questo contatto, ma anche a sentirsi in colpa per l’appagamento che ne deriva, un appagamento mai conosciuto in precedenza e per questo confuso con l’unico piacere di natura fisica che conosciamo: quello sessuale.

Pochi di noi hanno conosciuto la sensazione enormemente rassicurante di stringersi corpo a corpo per riscaldarsi… o per guarirsi. Con il Reiki non ci si stringe, ma accade di frequente che la semplice imposizione delle mani venga personalizzata dalle persone più refrattarie alle regole e divenga un vero e proprio massaggio dolce. E’ una pratica semplice che non richiede sforzi né attenzione e vede aumentare gli effetti con il piacere.

Ricordo ancora una volta che anche l’Uomo è un animale e che questa è una pratica comunissima fra i nostri “co-inquilini”. Ma loro sono istintivamente ben più saggi di noi, Principi del pianeta dalla mente talmente annacquata da mille informazioni superflue, superbia e sensi di colpa, che in questo caos mentale non siamo nemmeno più in grado di riconoscere un’ovvia analogia: basta mettere in comunicazione due recipienti (il Tutto e, attraverso il guaritore, il paziente) per portare a pari livello i liquidi ivi contenuti (l’energia).

Ove poi ci sia disponibilità ancora maggiore a comprendere, o quanto meno a riflettere, ci sarebbe da pensare all’eventualità della veicolazione attraverso l’energia delle informazioni da trasmettere al corpo o alla parte malata, programmandone il funzionamento o la ristrutturazione. Ad esempio: per guarire un ginocchio, oltre a quello dell’energia, si può stabilire un flusso d’informazioni dalle cellule dell’altro ginocchio, in modo da riscrivere informazioni sane nelle cellule malate.

Ma questa è un’altra storia, sarà fantascienza finché non verrà puntualmente dimostrata.
Chi ha orecchie per intendere, intenda.

Francesco Pandolfi Balbi
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