Quando la bellezza muore

Davvero amiamo i delfini?
Limitiamoci a sognarli.

Anno di pubblicazione: 2000 – © di Francesco Pandolfi Balbi

Chi ha detto che gli adulti non credono nelle favole? Domanda in giro, chiedi a qualcuno se gli piacciono i delfini. Molto spesso vedrai il viso del tuo interlocutore illuminarsi, gli occhi rilassarsi, udrai la voce farsi sognante.
E’ l’effetto delfino, animale nobile e premuroso, oggi divenuto strumento per fare soldi.
Facci caso, è una delle tante mode: il delfino lo trovi stampato ovunque, perfino sulle mutande. Appartiene alla nostra cultura d’eterni coccoloni ed è forse una delle poche immagini sulle quali al nostro cuore sia permesso di riflettersi in un modo socialmente accettabile.

Forse tutti, prima o poi, abbiamo immaginato di farci il bagno insieme, di muoverci sognanti nell’acqua liberando la nostra dolcezza nascosta, manifestando senza remore quell’amore che ci hanno insegnato a portare rinchiuso nel cuore. Se non possiamo farlo con i nostri simili, forse è ancora permesso amare una delle forme di vita più intelligenti che vivano sulla Terra… tanto per sentirci un po’ meno soli.
Fatto strano: chi ama i delfini vorrebbe che gli extraterrestri si facessero vivi. Sono quelle persone che, pur sottoposte al bombardamento dei non si fa e dei non si dice, non hanno ancora rinunciato a sperare in un mondo migliore. Peccato che quel mondo sia di responsabilità nostra, non dei fratelli che vivono sulle astronavi!

Sai qual’è la novità? Questo bisogno costa caro ai delfini. Siamo di fronte ad uno di quegli esempi che significano: qualunque cosa vissuta senza equilibrio genera squilibrio. Sembra una cosa scontata, ma non lo è.

Nel parco di Gardaland, nato per fare tanti soldini soddisfacendo il nostro bisogno di svago, tre dei nostri amici – quegli amici che adoriamo – ci hanno già rimesso la pelle. Il quarto dicono che sia già cotto a puntino.

Se ne sono andati così: Romeo, Violetta, Hector. Sta per toccare ad Amado.

Il motivo? I motivi sono tanti, tutti riconducibili a un unico denominatore comune: il denaro. Gli animali che andiamo a vedere nei delfinari vengono pescati prevalentemente nelle acque di Cuba e introdotti in Italia aggirando con un cavillo la legge che ne vieta l’importazione. Non vengono comprati, vengono affittati!

Mi spiegate, allora, che differenza c’è fra chi affitta il corpo di un delfino e chi lo fa con quello di una donna? Vogliamo forse tirare in ballo il discorsetto che la donna è un essere umano e il delfino no? Ma che bell’esempio di razzismo! Ma che bell’esempio di imparzialità nei confronti di una delle forme di vita più intelligenti del pianeta! Bella figura, davvero!

Dal giorno del loro arrivo nelle vasche si comincia a domarli. Per difendere il mio sogno sarei spinto a non cercare nemmeno d’immaginare in quale modo lo facciano, ma c’è un dato di fatto: i delfini di Gardaland muoiono come muoiono un po’ in tutte le vasche del mondo.

Magari questo caso è particolare: ci troviamo di fronte a una situazione recidiva, visto che Sergio Feder, amministratore delegato del parco dei divertimenti, è stato portato in giudizio per la morte di Romeo, stroncato da dosi massicce di Ovarid, (un ormone che gli veniva somministrato per rimbambirlo e sedare i suoi istinti sessuali.) L’accusa era una sola: articolo 727, maltrattamento di animali. Feder ha pagato una contravvenzione per estinguere il reato, ma in seguito sono morti Violetta (le vertebre fracassate, non si sa ancora come) e il figlio che portava in grembo, nonché Hector, stroncato da un infarto perché come gli altri doveva cimentarsi in cinque – sei spettacoli al giorno. Non basta: l’acqua è piena di cloro e irrita fortemente la loro pelle. Quei salti che tanto ci affascinano li fanno solo per avere un attimo di pace da quel tormento.

Il risultato? Enrico Ghinato, presidente della Gardaland S.p.a., è anche lui sotto inchiesta, ma non credo che per Hector, Violetta, Romeo e tutti gli altri amici rinchiusi in quei luoghi possa fare qualche differenza. Sì, Ghinato sta passando dei guai, ma intanto anche Amado sta per andarsene.

Mi chiedo, allora, se non sarebbe meglio mettere da parte i soldini delle sigarette per fare un piccolo viaggio per mare. Magari i delfini li vedremmo comunque, salterebbero fra le onde di casa loro e gioiremmo di quella felicità così contagiosa, non ci sentiremmo il cuore appesantito dalla profondissima tristezza dei loro fratelli sfortunati.

Pensiamoci, quando ci capiterà di sentirci oppressi dai nostri piccoli problemi. Pensiamo a cosa possiamo fare per aiutare i nostri amici schiavi e… facciamolo!

Mi dicono che in Puglia è addirittura possibile farci il bagno insieme. In mare, il loro elemento… non nelle vasche. Ricordiamocelo quando, fra una leccata di gelato e l’altra, vedremo morire in un sorriso la pura bellezza di Amado.

Francesco Pandolfi Balbi
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