Bambini delusi sì, ma anche da grandi?

Forse il cieco sacrificio non ha mai pagato bene

Anno di pubblicazione: 2000 – © di Francesco Pandolfi Balbi

Quello che sto per illustrare è uno degli innumerevoli spunti forniti dalla lettura de Il Sentiero di Eva Pierrakos, già presentato in questo sito qualche giorno fa.

E’ a livello inconscio che si formano durante l’infanzia i primi malintesi, che sono dovuti al fatto che il bambino percepisce e interpreta la realtà intorno a sé in modo incompleto e distorto. Questi malintesi infantili si trasformano in convinzioni erronee ben radicate, che potremmo chiamare immagini, in quanto sono simili a impronte impresse nella sostanza dell’anima.

Queste continuano a esercitare la loro influenza sull’individuo per tutta la sua vita, fin quando non vengono rese coscienti e corrette.

Oltre che da questi malintesi, un’immagine è costituita anche da emozioni distorte e da blocchi fisici. Quando un’idea è basata su delle percezioni sbagliate, non può che essere erronea; quindi le immagini sono delle conclusioni sbagliate sulla natura della realtà, così profondamente radicate nella psiche da poter assumere il controllo dell’individuo. (…)

(…) Un’altro esempio può essere quello dell’immagine che si forma quando una madre allatta il suo bambino solo quando sta buono, mentre lo ignora quando strilla e piange. In un caso del genere il bambino trae la conclusione che esprimere i suoi bisogni significa essere trascurato dalla madre, mentre non esprimerli significa esserne accudito. Egli si forma la seguente convinzione: Perché i miei bisogni siano soddisfatti, non devo mostrare di averne! Quest’attitudine può temporaneamente funzionare con la madre, ma si rivelerà certamente disastrosa nel prosieguo della sua vita, quando non sarà più adatta alle circostanze, e produrrà risultati opposti a quelli desiderati. Da adulto, nessuno conoscerà i suoi bisogni e nessuno li soddisferà.

L’aspetto tragico di tutto questo è che, non essendo cosciente di questa immagine, egli tenderà a mostrare sempre meno i suoi bisogni, sperando che alla fine qualcuno lo ricompensi per questo. Così la sua insoddisfazione aumenta sempre più, perché egli non comprende che il vero motivo si trova dentro di lui, e consiste nel fatto che la sua immagine genera un atteggiamento incompatibile con il raggiungimento della soddisfazione.

L’unica via di uscita è quella di prendere coscienza di questa immagine e di dissolverla. Ogni altra soluzione è illusoria, in quanto le immagini hanno un carattere magnetico, e finiscono per plasmare la realtà di chi le coltiva.

A quali ulteriori congetture potrebbe guidarci il significato di questo brano?
Analizziamo il nostro comportamento: l’antico quanto famoso enunciato Chiedete e vi sarà dato, che a mio avviso è di una chiarezza e di una verità assolute, viene snobbato dalla maggior parte di noi. Il nostro atteggiamento più diffuso è invece quello di non manifestare i nostri bisogni nemmeno a noi stessi, talmente è radicata l’illusione che per ottenere occorra tacere.

E’ quindi molto probabile che la nostra abitudine ad aspettarci il peggio dalle esperienze altro non sia che uno dei frutti del radicamento di questo meccanismo.
La psicologia conosce bene l’umano associare la figura paterna con quella di Dio; niente di più facile, allora, che l’adulto sacrificarsi per ottenere attenzioni e premi Divini altro non sia che il perpetuarsi di questo presupposto errato.
Certo la Chiesa Cattolica, con la sua dottrina della sofferenza e della Croce, altro non fa che alimentare questo disagio così distruttivo per il singolo e per la comunità.

Ora la domanda è: è anch’essa frutto dell’umana incapacità di superare i traumi dell’infanzia oppure, ben consapevole di questi meccanismi psicologici, sta semplicemente provvedendo a utilizzarli per raggiungere i propri obiettivi?

In fondo, però, non è poi così importante rispondere a questa domanda, quanto alle seguenti:
Mi sto portando ancora dentro questa ferita?
Cosa devo semplicemente capire per superare quest’abitudine infantile e diventare sul serio un organismo mentalmente adulto?
Davvero il mio Dio ha bisogno di masochismi per potermi premiare? Non sarà che, molto più semplicemente, mi stia già donando continuamente, senza che me ne accorga, tutto ciò che mi serve per essere una cellula amata, parte di Lui e perfettamente produttiva?

Rispondersi, te l’assicuro, inebria l’anima e fa sentire veramente grandi. Forse non per un risultato temporaneamente irrealizzato ma perché, e sono in molti a dirlo, l’importante non è arrivare, ma viaggiare.

Francesco Pandolfi Balbi
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