Ti voglio bene, quindi devi…

Dove abita l’Amore?

Anno di pubblicazione: 2000 – © di Francesco Pandolfi Balbi

“Amore”… Esiste parola più abusata? Tutti credono di conoscerlo, tutti lo usano come vessillo delle proprie necessità, pochi sanno realmente cosa sia e raramente sanno descriverlo.

Quante cose significhi, “Amore”? Un luogo comune ormai vuoto, moneta di scambio nell’eterno meccanismo del “do ut des”, concetto, astrazione, passione, emozione. Qui sta l’inghippo: amore non è nient’altro che se stesso, qualsiasi altro modo di descriverlo è frutto dell’illusione.

“Io ti amo”. Chi non l’ha mormorato o gridato? Ma quanti di noi sono intimamente sicuri della propria sincerità?

Lo stile di vita che conduciamo per sopravvivere in questa società non è certo quello che vorremmo, ma tanta è l’abitudine che non ci rendiamo più conto del fatto che l’esistenza, per molti di noi, consiste in un continuo, sfaccettato tentativo di trasformare persone e situazioni in elementi rassicuranti.

Se l’uomo fosse ancora un animale integrato nell’ambiente, di questo non ci sarebbe certo bisogno, ma la scintilla dell’intelligenza (vogliamo chiamarlo il morso della mela?) ha determinato il nostro ingresso in una dimensione isolata dal resto della natura, una dimensione che tutti siamo continuamente chiamati a creare.

Ecco che, da veri e propri esploratori della vita, ci si vorrebbe stringere gli uni agli altri per proteggersi dall’ignoto, dal non ancora creato, e pochi sono coloro che riescono a mantenere una visione abbastanza estesa da capire che, potenzialmente, sono al sicuro in qualunque condizione, perché la sicurezza è una faccenda tutta interiore che, se ben gestita, si rispecchia intorno a noi, nel mondo concreto. Siamo noi che creiamo la nostra sicurezza, non altri.

Ecco, quindi, che la razza umana somiglia a volte a un’armata Brancaleone, orda di antichi maestri ora sottoposti al peso del ruolo di creatori dell’evoluzione, che nei momenti di stanchezza (stiamo parlando di ere e civiltà, lassi di tempo estesi) conoscono solo la paura istintiva impressa a fuoco nei loro geni da generazioni e generazioni di continue esplorazioni in un universo tutto da costruire. Hanno dimenticato, hanno perso l’obiettivo, nonché la padronanza dei propri strumenti.

Certo, in questo l’hanno aiutata i padri gesuiti, che ai tempi della colonizzazione spagnola del centro america distrussero la bellezza di diecimila papiri contenenti ogni tipo d’informazione sulle civiltà precolombiane… il nostro passato, il nostro futuro.

Siamo qui, quasi allo sbando, immersi in un mondo non più nostro, prede di sanguisughe nascoste dietro i più famosi marchi di fabbrica. Eppure la nostra forza è ancora intatta e attende solo un bagliore di consapevolezza per esprimersi senza limiti, in tutta la sua pienezza.

Il nostro nemico? Quello che le “sanguisughe” spendono miliardi di dollari all’anno per alimentare in modo da disorientarci.

La paura.

Ne ho parlato spesso, perciò mi dilungo in un’unica direzione.
In fondo, quando abbiamo paura non facciamo altro che proteggerci da noi stessi, perché la dimensione che stiamo esplorando non ha una realtà a sé stante…
La sua realtà siamo noi che la inventiamo.

Paradossalmente, quindi (sto parlando a livello globale), siamo spaventati solo dal caotico miscelarsi di esiti di sperimentazioni sempre più inconsapevoli e lasciate a metà. Per cambiare le cose sarebbe sufficiente mettere individualmente ordine nei nostri pensieri, poiché l’intelligenza e la consapevolezza sono sempre presenti e l’unico ostacolo che si frappone fra noi e loro è ancora lei, la paura.

Se superi la paura, entri nella dimensione magica: la nostra dimensione naturale di uomini-creatori che inventano la realtà perdendosi continuamente in essa. E’ la vita che si esprime, che a volte fa anche soffrire, ma è bello che sia così.

Ora, per poter dire di amare sul serio, non ci sono certo prescrizioni da seguire. Tuttavia, se si passeggia in un bosco, le foglie dei cespugli che sfioriamo cantano la loro canzone. Voglio dire che, qualunque sia la via che stiamo percorrendo, essa reagisce alla nostra presenza in un modo tutto suo. E, come le note che prendono vita dalle foglie che ci circondano penetrano in noi attraverso i nostri sensi, allo stesso modo altri tipi di strade interagiscono con quello che siamo, producono effetti dentro di noi.

La via dell’Amore, quello con la “A” maiuscola, è certamente la più ambita; istintivamente tutti sappiamo che, chi la segue, vive in sé un ribollire di vita e di gioia. Purtroppo l’imbocco del sentiero, originariamente accessibile a tutti, è stato nascosto in mille modi dalle intenzioni dei molti paurosi (anche le sanguisughe lo sono) e dalle rinunce dei molti sconfitti dalle proprie stesse immagini.

Torna ancora in mente la Genesi? Tutto questo sa di peccato originale? Ma sì, in ogni leggenda c’è il seme della verità… basta solo riflettere (nel senso di “confrontare” ciò che vive all’interno e all’esterno di noi) e interpretare a dovere.

E’ raro, ormai, che capiti d’imboccarlo, questo sentiero; è un premio per chi l’ha cercato tenendo a bada e uccidendo la propria paura, o il dono della fortuna sfacciata di chi vi è entrato senza saperlo, magari, poi, uscendone senza accorgersene… e allora son dolori!

Il fatto è che noi percepiamo le emozioni e le passioni che l’Amore ci regala, e con l’Amore stesso le identifichiamo. Confondiamo il frutto con l’albero, l’effetto con la causa. E’ vero che il nostro modo di percepire le due cose è molto simile, ma per essere padroni della situazione occorre saper gestire la causa creante, non l’effetto.

Questo, invece, è proprio ciò che tentiamo quando crediamo, o vogliamo convincerci, di amare. Non lo sappiamo, ma siamo innamorati di quanto bene ci fa sentire l’Amore, non dell’Amore stesso che ha una sola, semplice, inderogabile regola: se ami, devi amare tutto con la stessa intensità.

Non è possibile amare una sola persona, non è possibile amarne solo alcune caratteristiche e non altre. Chi ama sul serio sa bene che, in quello stato, i pregi e i difetti non hanno più significato… esiste solo un abbraccio infinito, totale dell’altro e, insieme a lui, di tutto il creato.

Amare è in primo luogo accettare totalmente e incondizionatamente. Se per te non è così, ciò che provi non è vero Amore, ma solo l’innamoramento nei confronti dell’immagine rassicurante che ti sei creato/a dell’oggetto di questo tuo sentire.

Pensaci, rifletti. La fatica e lo smarrimento che proverai saranno ripagati più che ampiamente dallo stato che, attimo per attimo, comincerai a raggiungere. E’ vero quello che dicono, è vero che l’importante non è arrivare, ma viaggiare.

E’ possibile amare al di là della paura del tradimento o della solitudine? Certamente sì. Accade spontaneamente quando ciò che ci spinge è dare senza aver bisogno di farlo, quando si desidera un’unica cosa: il bene della persona amata e, con essa, di tutto il creato.

Francesco Pandolfi Balbi
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