Sette anni in macchina

Dov’è il progresso?

Anno di pubblicazione: 2000 – © di Francesco Pandolfi Balbi

Un italiano trascorre nel corso della propria vita quasi sette anni in auto e due alla ricerca di un parcheggio.

E’ il progresso.

Qualcuno direbbe che la causa è la sovrappopolazione, e che in fondo di qualche morte bisogna morire… a che servono, allora, tutte le ricerche mirate a farci vivere di più?

Secondo me il problema non è questo. Se esiste una causa del malessere della società che ci ospita (a dirla così sembra quasi che lo faccia con il rispetto e le attenzioni dovute alle persone di riguardo, ma tutti sappiamo che non è così), essa va ricercata non tanto sulla quantità degli umani che vivono sulla terra, quanto sugli squilibri che l’idiozia dei potenti (e, perché no, anche quella di quanti la permettono) genera per sostenere l’unica fonte di soddisfazione delle persone depresse: il potere.

Il consumismo, le mode, i bisogni indotti, tutte chicche continuamente create su loro commissione, sono la causa determinante dell’esistenza di innumerevoli professioni, quelle professioni che danno il pane a tante persone (e, nella maggior parte dei casi, appena quello) ma che, purtroppo, fanno scivolare i nostri valori verso l’effimero, l’inessenziale, il superfluo, il nevrotico.

Faccio un esempio che a molti sembrerà fuori di testa: se conducessi una vita più “essenziale” dovrei lavorare poco più della metà, perché non sarei costretto a spendere soldini dall’estetista, nel negozio di dischi, al bar, al ristorante, al cinema, in discoteca, al pub, in farmacia (per i tranquillanti), dal tabaccaio (per gli stimolanti), etc. etc.

Avrei molto più tempo libero, che a volte dovrei utilizzare in solitudine se solo facessi questa scelta, ma che sarebbe fonte di un vero spasso se anche altri, decidendo in tal senso, recuperassero la consapevolezza del vero significato della vita: lavorare (bene) e vivere (bene), ragionare senza dare nulla per scontato e decidere se quelle che sentono come necessità sono autentiche o semplicemente “indotte”.

Se facessi questa scelta non avrei più molte altre necessità, che gravitano come piccole lune intorno alle precedenti, fra le quali quella, snervante, di andar sempre di corsa “smadonnando” a ogni incrocio. Un semplice incontro, allora, potrebbe tornare ad essere fonte di piacere e di confronto costruttivo.

Certo, il problema non è fare tutto ciò.

Il problema reale è arrivare a volerlo fare. Se tutti usassero la propria capacità di ragionare per costruire armonia fuori e dentro di sé non ci sarebbero più potenti “di straforo”, perché ognuno, a quel punto, si sarebbe re-impossessato del proprio potere.

Sarò forse un pazzo, ma a me questo progresso non piace. E’ vuoto, non ha mai portato con sé un sospiro di sollievo né un sorriso, ma solo nuove abitudini e oggetti dei quali essere schiavi.

Non sono una persona che si lamenta, ma rimango un essere umano. Confesso che trascorro i miei giorni a piangermi dentro per un’umanità virtualmente così dotata che si svende prostituendo non solo il proprio corpo, ma anche la mente, i sogni e l’anima, e a incazzarmi quando non posso fare a meno di farmi aggredire dai suoi ingranaggi, silenziosi perché tutti siamo ormai sordi al loro frastuono.

E’ un’altalena snervante che mi lascia ogni giorno sempre più debole, ma a volte accade la magia… incontro una persona che sa cosa vuole e sa camminare con leggerezza, senza calpestare nessuno né se stessa.

Così, quando mi dicono che tre miliardi di ore si sprecano in congestioni del traffico, e che il tempo medio impiegato per i tragitti casa-scuola e casa-lavoro è cresciuto di mezz’ora dal 1994 passando da 45 minuti a un’ora e un quarto, mi rallegro perché abito in un paese, ma quella parte d’amore che in me è ancora viva soffre della sofferenza di tutti.

Signore e signori, quando deciderete di rientrare in possesso delle vostra vita? Non servono colpi di testa, ma solo una lenta, costante ripresa.

A darci una mano, fra tre o quattro anni (dicono), ci sarà per fortuna la Skycar, la macchina che vola a seicento chilometri orari e che ci permetterà di concretizzare molti dei nostri sogni. Chissà se, prima di quella data, riusciremo a trovare la pace nella nostra vita di tutti i giorni?

Dipende solo da noi… C’è sempre una scappatoia, basta cercarla.

Francesco Pandolfi Balbi
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