Lavorare per gioco

Una testimonianza di armonia e libertà

Anno di pubblicazione: 2001 – © di Francesco Pandolfi Balbi

In queste pagine abbiamo più volte fatto cenno alla possibilità di trasformare il lavoro in un’attività che faccia parte integrante della nostra vita. In effetti, chi dice che un impiego serve solo per portare a casa lo stipendio? A pensarci bene, il lavoro dovrebbe essere la massima espressione di quelle doti uniche che ciascuno di noi porta con sé. La parabola dei talenti, in questo senso, è forse uno dei contributi più positivi che la religione cattolica abbia mai dato.

Il tempo dedicato al lavoro può sì essere considerato uno spreco, un insieme d’istanti strappati alla nostra vita. E’ facile sentirsi depredati, è facile pensare che stiamo prostituendo non solo il nostro corpo, ma anche l’anima per ottenere un misero tozzo di pane.

La chiave risolutiva, ancora una volta, risiede nella nostra volontà. Occorre chiedersi quanto essa sia forte e focalizzata sugli obiettivi.

Non è certo la prima volta che parliamo di sogni. Essi sono il punto di partenza, l’elemento generatore della realtà. Senza un sogno non esistono obiettivi, e senza obiettivi ci si limita a girare in tondo, anche se spesso lo facciamo a una velocità che si rivela micidiale per la nostra salute e per il successo che sempre cerchiamo con maggiore o minore consapevolezza.

Vinicio Bolletta è un uomo come tanti, lavora per un’azienda che distribuisce surgelati in Umbria e trascorre gran parte del proprio tempo su un camion da 35 quintali.

La sua è una vita come tante.

Lo conosco bene, Vinicio, e so quali sono i motivi che lo spingono a fare del proprio tempo una successione di eventi istruttivi e divertenti. L’amore per la vita, unito a quello per il gioco, l’hanno reso un amante dell’estetica più pura, quella del momento che fugge. Eccolo là, ogni giorno, a distribuire sorrisi e surgelati nella zona di Città di Castello: il campanello che suona, una tuta blu al cancello, uno sguardo maschile e sagace, alito di vento nella calma piatta delle faccende mattutine.

Ogni lavoro può essere un tedio o un gioco, dipende da come e perché lo si affronta. Vinicio l’ha reso parte della sua vita: ne è completamente padrone pur non essendo il boss dell’azienda per la quale lavora.

Ma non finisce qui. Sapete cosa fa tra una consegna e l’altra, mentre viaggia sul camion verso l’ennesima destinazione? Sogna, aspetta, osserva il mondo che lo circonda attento alle sue magie. E queste magie, quando immancabilmente si presentano, le coglie come solo un innamorato sa fare. Potremmo pensare che il suo amore più autentico sia la fedelissima Canon con la quale coglie i fotogrammi più belli di un film che eternamente evolve attraverso infinite dimensioni.

Non è così, io lo so. I suoi unici, grandi Amori di sempre sono l’attimo che fugge e l’unica essenza che crea ed esprime, cioè la Vita. E’ un immenso oceano di pensiero, d’emozione e d’armonia, questa magia sulla quale imprimiamo le nostre impronte credendo, a volte, ch’esse siano tutto ciò che possa interessarci. Ma un’impronta è solo questo, un attimo che è già trascorso. I veri protagonisti siamo noi e quell’immenso oceano nel quale possiamo nuotare o sul quale possiamo camminare, un occhio attento all’acqua sotto il nostro piede, l’altro rivolto ad abbracciare l’orizzonte, noi stessi e tutto ciò che non esiste ancora e che attende un solo cenno della nostra anima per potersi esprimere.

Signori, le nostre impronte sono il cibo del piccolo ego che vive dentro ognuno di noi; concediamogliele, ma ricordiamo chi siamo e dove vogliamo andare, in modo tale che non rimangano fini a sé stesse e riescano a condurci alla nostra meta. Se non ne abbiamo ancora una, forse è il caso di smettere di calpestare il mare. Sediamoci, concediamoci un periodo di relax, decidiamo chi vogliamo essere. Se non saremo noi a farlo, chi lo farà al nostro posto?

Quest’uomo come tanti è un piccolo maestro che, fra le altre cose, sa compiacersi dei propri successi fotografici. Anche lui ha un ego e questo non è certo un male, soprattutto perché sa come farlo stare al suo posto. Del resto chi può smentire che le più grandi opere d’arte della storia sono proprio quelle nate dall’unione delle più grandi espressioni del pensiero umano con le immense, incontenibili plasticità e generosità di Madre Natura?

Un grazie a Vinicio, quindi, che impegna con dolcezza il proprio tempo in nome della maestosità più pura, quella che splende inosservata.

Francesco Pandolfi Balbi
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