La mia camminata sul fuoco
Oltre la mente, oltre qualsiasi spiegazione
Anno di pubblicazione: 2000 – © di Francesco Pandolfi Balbi
Ebbene, l’ho fatto.
Sì, anch’io ho camminato sul fuoco.
Alla Locanda del Gallo, nei pressi di Perugia, ogni anno si tiene un convegno mondiale di firewalking tenuto da una delle massime autorità: Peggy Dylan. L’ultimo si è concluso proprio in questi giorni.
La mia camminata l’ho fatta esattamente un anno fa, e lo dimentico troppo spesso.
Quale limite può fermare un uomo che ha saputo fare una cosa impossibile? Cosa l’ha permessa? Quale meccanismo nascosto è intervenuto?
Non è stato facile. Non è stato facile decidere di avanzare su quello strato di carboni infuocati alto dieci centimetri… anche se tutti lo facevano cantando, gridando di gioia, ballando.
Il merito è tutto di Rosa, la mia amica. Mi ha preso per mano e con lei mi sono fatto avanti. Anche per lei era la prima volta… e poi dicono che le donne sono il sesso debole!
Se non l’avesse fatto sarei rimasto lì, all’inizio del sentiero, livido di rabbia e di delusione per non aver saputo ignorare i lamenti della mia mente, la sua incomprensione dell’evidenza.
Ve l’assicuro, non c’è niente di più sconvolgente del vivere quel contrasto: tutti i sensi ti dicono che il sentiero di fuoco disteso davanti a te è la soglia di un futuro colmo di opportunità (ripeto: cosa non può fare un uomo che ha camminato sul fuoco?); la mente piagnucola, dice che non ce la puoi fare, che tutti gli altri sono speciali, che tu sei un piccolo essere umano indifeso e che, se solo farai un passo, ne pagherai “lo scotto” con grida di dolore e mesi di fasciature.
Volevo farlo per me stesso, ma sono stati l’amore e l’amicizia per Rosa a condurmi verso questo futuro. Il solo tocco della sua mano mi ha fatto sentire protetto, non più isolato… un universo compresso in quell’occasione, ma composto di almeno due pianeti.
Ricordo che, un anno prima, fu Carmela a parlarmi di questa esperienza. Ora, nella buona fede di Carmela ho sempre avuto una fiducia assoluta; sentirmi dire che è stata capace di piegare – appoggiandone la punta alla gola – una barra di ferro di quelle che si usano per fare il cemento armato, mi ha sconvolto (non solo perché lei è una bomboniera minuta e alta non più di un metro e cinquanta, a esagerare…) per non parlare, poi, della sua camminata sui carboni.
Mi aveva veramente messo in crisi, dilaniato fra la sicurezza che veramente avesse fatto ciò che diceva e la sicurezza che ciò fosse impossibile.
Un anno fa l’ho fatto, e mi sembra impossibile anche adesso. Eppure io stesso ho contribuito ad accendere la pira di quintali di legna, io stesso ho aiutato a spargerne i carboni infuocati quasi bruciandomi il viso, io stesso ho visto decine di persone ballare sul sentiero… io stesso ci sono passato sopra come su un mare di pop corn appena tolti dal pentolone, e la cosa non è piaciuta solo alla parte di me che ama superare qualsiasi limite, ma anche al mio corpo, che ha vissuto quell’esperienza interpretandola come una camminata su un tappeto dal pelo lunghissimo e accogliente.
Mi è piaciuto!!! E non mi sono messo cremine sui piedini; sopra ci sono rimasto un bel po’ e, comunque, il sentiero era lungo almeno tre metri… più che a sufficienza, quindi, per scottarsi affondando parecchi centimetri all’interno di braci che bruciano a una temperatura di migliaia di gradi.
Spiegazioni? Non chiedetele a me. So di averlo fatto, so che ero pienamente consapevole, non drogato, non ipnotizzato; troppo spesso dimentico quanto grande e senza limiti ognuno di noi possa essere, ma mi fermo qui. Un giorno prenderò il coraggio a quattro mani e ci penserò su come si deve.
L’unica spiegazione che posso darmi è sempre la solita: la nostra mente può tutto, basta solo dargliene la possibilità con un po’ di fiducia. Anche se ogni situazione è diversa dalle altre e, quindi, il primo nostro dovere è quello di comprendere cosa si trova di fronte a noi.
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