Alla scoperta dell’omeopatia
Buono il principio, incogniti gli effetti. Perché?
Anno di pubblicazione: 2000 – © di Francesco Pandolfi Balbi
La sua storia, come quella di molte branche del sapere basate sulla natura, ha origini antichissime. Già nel III secolo A.C. il medico greco Ippocrate aveva detto la sua, ma a noi spiriti moderni risulteranno senz’altro più interessanti il lavoro di Paracelso (il medico tedesco Teofrasto Bombast von Hohenheim) e quello del medico, anch’esso tedesco, Samuel Hahnemann (1755-1843).
Quest’ultimo, imbattutosi in un testo in cui si parlava della corteccia di china, notò che essa veniva utilizzata contro la febbre intermittente e agiva perché era in grado di indurre sintomi simili a quelli della febbre intermittente nell’uomo sano.
Hahnemann iniziò a diluire la sostanza e a fare esperimenti su se stesso mettendo in atto la legge di Ippocrate: «Similia similibus curentur», ovvero “i simili si curino con i simili”.
Confermò che la sostanza che intossica un uomo sano lo fa guarire se gli si somministra la stessa sostanza ma a dosaggi bassissimi.
Niente di nuovo, a pensarci: è una sorta di vaccinazione simile a quella alla quale molti monarchi del passato ricorrevano – stiamo parlando non di batteri, ma di sostanze chimiche – per scongiurare il pericolo di essere avvelenati.
Nemmeno a farlo apposta, poco tempo dopo Pasteur produsse i suoi vaccini e questo determinò il crollo dell’omeopatia, ma in fondo portò alla luce ben poco di nuovo o, se vogliamo usare un termine un pochino più graffiante, scoprì proprio “l’acqua calda”, nulla togliendo all’utilità del suo lavoro.
Con un farmaco omeopatico, insomma, ci “vacciniamo” contro una malattia assumendo, diluita innumerevoli volte, la stessa sostanza che, pura, ci condurrebbe al male stesso.
Perché i medicinali omeopatici funzionino, nonostante la forte diluizione, non è ancora spiegato. Forse potremo farlo quando gli studi sulla “memoria dell’acqua” daranno qualche risultato: è noto che il prezioso liquido agisce da accumulatore, e le correnti esoteriche di tutti i tempi gli hanno sempre attribuito eccezionali doti “magiche”.
Non v’è dubbio, quindi, che molti segreti siano ancora gelosamente celati dietro i veli, pudici e segreti, di Madre Natura. Le ricerche andranno avanti, per riuscire a farle fruttare sarà necessaria una buona dose di umiltà, virtù senz’altro estranea a molti scienziati.
Tuttavia, pur non conoscendo approfonditamente il funzionamento dell’omeopatia, possiamo essere sicuri del fatto che funziona.
Il problema odierno, quindi, non è tanto quello di scoprirne l’efficacia, che è già stata più o meno dimostrata, né quello di comprenderla meglio – perché in effetti funziona e, bene o male, riusciamo a utilizzarla – … quanto quello di accertare se i prodotti omeopatici vengono prodotti in modo scrupoloso, corretto.
Per valutare l’efficacia di una teoria medica è necessario verificarne non solo la concezione, ma anche se “rimedi e pozioni” – cioè i prodotti terapici – vengono prodotti nel modo appropriato.
Sinceramente ho parecchi dubbi in proposito; siamo nell’era cibernetica, ben lontani dai tempi in cui erano le mani amorevoli dell’uomo a occuparsi della vita delle persone.
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