Davanti al monitor come pascià
Il nuovo decreto dei Ministeri del Lavoro e della Sanità
Anno di pubblicazione: 2000 – © di Francesco Pandolfi Balbi
Acquistai il mio primo PC sette anni fa, ai tempi del mitico Windows 3.11. Fu un amico a invogliarmi ad abbandonare il mio vecchio Atari mega 2 per introdurmi nel mondo dei giovani rampanti.
Ricordo che, abituato a un monitor in bianco e nero di tutto rispetto, girai tutta la provincia per trovare una macchina che mi permettesse di non lacrimare a tutto spiano dopo appena dieci minuti di lavoro o di sentirmi ubriaco a causa delle bassissime velocità di refresh alle quali tutti erano abituati.
Girai tutta la provincia, dicevo, ma il mio primo PC lo acquistai a Firenze dai ragazzi di Centro HL (era ancora poco più che garage, allora), gli unici che avessero saputo darmi le giuste informazioni, gli unici che non volessero affibbiarmi un aborto “Arrigoni”, cioè a scatola chiusa. Qui in zona… per carità! Io ne sapevo molto più di loro, ed ero appena un neofita.
La velocità di refresh è il numero di volte che l’immagine viene disegnata sul monitor ogni secondo. Oggi la maggior parte dei PC viaggia sugli 80 Hz, ma a quei tempi lo standard era di appena 56, per di più molto spesso interlacciati (venivano disegnate alternativamente le righe pari e quelle dispari, con un effetto Doom-nausea spaventoso).
Qual’è la fregatura? E’ che i nostri computer “possono” viaggiare a 80-100 hertz, ma chi ce li vende spesso se ne frega di impostarli nel modo corretto.
Facciamolo noi, allora (la procedura potrebbe essere diversa se la vostra macchina monta schede grafiche particolari): click col pulsante destro del mouse sul desktop, selezioniamo «proprietà». In alto scegliamo «impostazioni» dello schermo, poi il pulsante «avanzate». Qui impostiamo la «frequenza di aggiornamento» a un valore più alto possibile. Se il vostro monitor non è una vera schifezza (non riuscendo, quindi, a fare ciò che dovrebbe) lavorare sarà molto meno penoso. Sennò, regalate il cimelio al museo e fate un bel regalo ai vostri occhi.
Due parole sulle emissioni radioattive: un tempo a noi maschietti bastava avvicinare un braccio peloso al monitor per vedere drizzarsi tutti i peli… brutto segno. Oggi, grazie alle normative CE, TCO e MPRII, la situazione non è più così drammatica, ma esiste una falla della quale parleremo più avanti.
Comunque sia, è stato fatto molto per migliorare le condizioni di chi lavora davanti a un terminale… e si continua ad andare avanti. Il 2 ottobre scorso, a ben 6 anni dalla legge 626, è stato varato dai Ministeri del Lavoro e della Sanità il decreto «Linee guida d’uso dei videoterminali».
<h4 align=”left”>Lo acclamiamo. </H4>
Le novità? Eccole:
LA POSIZIONE DI LAVORO – Deve essere comoda, con piedi a terra, schiena eretta, occhi distanti 50-70 cm dallo schermo, la cui parte superiore deve rimanere sotto la linea visiva. Gli avambracci devono stare sul tavolo, la tastiera davanti al monitor e la mano sul mouse.
LA SCRIVANIA – La profondità deve essere tale da consentire la giusta distanza dal monitor; il piano sia chiaro, ma né bianco, né riflettente, senza spigoli e alto 70-80cm da terra. Il tutto ben stabile e con spazio sufficiente per muovere le gambe.
Amen.
LA SEDIA – L’optimum è un modello girevole, anti rovesciamento (a meno che chi la utilizza non abbia un gran bel paio di gambe e indossi la gonna, ahemmm…), regolabile in altezza, con stoffa traspirante (leggi: abbasso il sintetico, che accumula correnti elettriche dannose e fa sudare; ma sarebbe bene eliminarlo anche da scarpe, abbigliamento e accessori per il riposo).
Con un poggiapiedi, poi, si sta da veri pascià.
POSIZIONAMENTO NELL’AMBIENTE – Evitate i riflessi di luce sul monitor e la luce diretta delle lampade. State lontani da fonti di calore e correnti d’aria, così come «sopprimete» (letteralmente, magari!) apparecchi che emettono rumori forti (stampanti ad aghi o a getto) e… i colleghi che se ne strafregano della vostra tranquillità.
Agli uomini gli esperti consigliano di non tenere troppo a lungo le gambe accavallate: possono insorgere guai ai genitali perché i testicoli hanno bisogno di stare a una temperatura inferiore a quella corporea. Per le donne incinte, in caso di problemi legati alla postura, il decreto prevede la possibilità di modificare l’orario di lavoro.
Il titolare ha l’obbligo di rispettare le nuove norme e di informare i dipendenti. Se non lo fa, rischia multe da 3 a 8 milioni e l’arresto da 3 a 6 mesi.
Beh, era ora! Unico neo: il decreto afferma che i videoterminali non emettono quantità di radiazioni dannose. Beh, secondo noi dipende dal monitor, e poi… provateci voi a starci dietro o a fianco!
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